“PERCHÉ
PIANGI?” TI CHIAMA PER NOME
“Non ha apparenza né bellezza per
attrarre i nostri sguardi. Uomo dei dolori
che ben conosce il patire, disprezzato e reietto dagli uomini. Eppure
Egli si è caricato delle nostre sofferenze[1]” . Il
passo appena citato, del profeta Isaia, viene letto dalla Chiesa Cattolica ed
Anglicana durante la celebrazione della Passione il Venerdì Santo. In esso il
profeta parla della sofferenza del Servo di YAHWEH, che la fede Cristiana
identifica con Gesù Cristo. Leggendo oggi queste parole, possiamo vedere come
sia facile fermarsi al giorno della Croce. Per l’uomo contemporaneo, immerso
nel mare dell’estetismo e del successo mondano, l’Uomo Crocefisso non ha alcuna
bellezza che possa attrarre il suo sguardo. La nostra attenzione viene più
facilmente attratta da ciò che è bello in apparenza, ma vuoto nel suo
significato. L’uomo contemporaneo sembra non esser mai sazio di quella
“chiacchera”[2] che non
arricchisce di senso e di valore la sua vita (né tanto meno favorisce la
crescita per una vita ultra-terrena), ma la impoverisce fermandola all’attimo
presente. Arrendersi al caos della vita quotidiana sembra ormai la norma. Per
il credente scettico, o l’agnostico, nell’oscurità che stiamo vivendo, può
apparire semplice il fermarsi al giorno della Croce. Eppure in queste tenebre
che sembrano non voler accogliere il sorgere del sole di Pasqua, ancora una
volta l’Uomo dei dolori si china verso di noi. Gesù Cristo, servo obbediente,
decide ancora una volta di caricarsi delle nostre sofferenze. Chinandosi verso
la nostra umanità, ci domanda, come alla Maddalena, Perché piangi?[3].
E la risposta che ci da, è il chiamarci
per nome. Nessun’altra parola viene aggiunta. Solamente il nostro nome. Il
quel nominarci possiamo cogliere tutto l’abbraccio dell’Amore di Dio. Come nel
chiamare per nome un figlio che soffre da parte di un genitore, così Gesù ci
chiama, facendoci percepire il medesimo calore d’amore. In quel “Maria[4]”,
la Maddalena riconosce quella stessa voce amica e carica di amore che non
l’aveva condannata[5] come i
suoi conterranei, ma l’aveva accolta e perdonata. Ella riconosce quel maestro,
quel Rabbunì, d’amore che avendo amato i suoi che erano nel mondo lì
amo sino alla fine[6]
. In quell’amore perfetto la Maddalena, come Paolo di Tarso e tutti noi, che
veniamo chiamati per nome, possiamo trovare quel maestro di umiltà che pur essendo di natura divina, non considerò
un tesoro geloso il suo essere uguale a Dio, ma spogliò se stesso assumendo la
condizione di servo e divenendo simile agli uomini[7]. La
sua umiltà ed il suo amore sono stati così grandi che Egli è divenuto quel
servo sofferenze, quell’uomo che non ha
apparenza né bellezza, perché si è umiliato
fino alla morte e alla morte di croce[8]. Gesù però non si limita con il suo grande
atto d’amore, a farci dono della resurrezione dai morti, ma va anche oltre.
Infatti chiamandoci per nome, Egli infonde in noi quella forza che ci permette
di uscire dalle tenebre per abbracciare la Luce
del mondo[9] con la
quale poter superare qualsiasi nostra sofferenza. Non c’è infatti sofferenza
fisica o causata dall’indifferenza o dalla malvagità del nostro prossimo, che
non possa essere superata con la forza di Dio. Non esiste alcuna tenebra del
mondo creata dall’uomo che non possa essere rischiarata e vinta dalla luce di
Dio. L’uomo deve solamente porsi in ascolto. Ascoltando nel silenzio del suo
cuore[10]
potrà sentirsi chiamato per nome da Gesù e con la sua forza potrà vincere le
proprie tenebre.
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