L’ESSERE
DELL’UOMO: UN VIAGGIO
Nel
secolo scorso il filosofo tedesco Martin Heidegger, definiva l’essere dell’Esserci (l’Uomo) come un essere nel tempo[1].
Un esistere nel tempo e nella sua quotidianità. Ad ogni singolo uomo rimane la
scelta fra una vita autentica ed una vita inautentica[2],
tra una vita, che con un linguaggio “moderno”, potremmo definire vissuta
realmente ed una vita “sprecata”. Le riflessioni di Heidegger presentate ormai
ottantasette anni fa’, risultano essere di una straordinaria attualità. Mai
come oggi, la crisi di valori ha portato ad una confusione su ciò che rende una
vita autenticamente degna di essere vissuta e ciò che non la rende. Le
riflessioni e le teorie che per secoli hanno accompagnato l’uomo nel suo
divenire, non sembrano avere più validità. In particolare ciò che sembra
maggiormente mancare ad ogni uomo è una guida,
non necessariamente una persona in carne ed ossa, ma una figura che attraverso
le sue riflessioni ci accompagna, come Beatrice fece con Dante, alla ricerca
della verità.
Queste
sono le iniziali riflessioni che la visita alla recente mostra di Angelo Noce[3],
allestita con l’artista Sergio Vecchio, mi ha suscitato. La mostra che si apre
come un viaggio tra finito ed
infinito, tra passato e futuro, ci porta, soprattutto con le opere di Noce, a
scoprite un mondo, quello greco, dal quale la nostra società proviene. Le
figure dipinte, i richiami a cui esse ci fanno tendere, non sono solamente
quelle della magnifica e quasi beata Grecia Ellenica, ma anche i fatti tragici
che caratterizzarono la Magna Grecia ed in particolare Pompei. Subito l’occhio
è rapito, oltre che dai colori, da una silenziosa figura femminile presente in
diversi quadri. In alcuni momenti essa si pone frontalmente, in altri di
spalle, ma sempre celando la sua identità. Ad una prima interpretazione essa
può apparire come la dea greca Atena, dea della caccia e della sapienza. Ad una più attenta analisi, la figura diviene
ora angelo (forse un’antica Beatrice) oppure semplicemente una madre. Tutte
queste diverse interpretazioni della “misteriosa” figura femminile presente nei
quadri di Angelo Noce, conducono tuttavia ad un’unica interpretazione: ella è
una guida. Lontano dal voler imporre questa mia
interpretazione (ed analisi) alle opere e all’intera mostra di Noce, il mio
intento è quello di suggerire un percorso che partendo dalla fruizione
artistica delle opere (e dei brani teatrali interpretati da Gigi Ottoni
presentati durante la mostra[4]),
possa giungere ad una “quotidiana” riflessione filosofica.
La
figura femminile che appare dunque di frequente nei quadri di Angelo Noce, è
una guida silenziosa che, celando il volto, lascia all’immaginazione dello
spettatore la definizione dei tratti somatici. Ma dove ci guida? La mostra che
ha come leitmotiv il viaggio, ha come
partenza il nostro essere, l’essere di ogni uomo nel tempo. Ciò che ci viene
chiesto da questo viaggio è di dedicare un tempo a noi stessi, non per
soddisfare i nostri bisogni, quanto per giungere al nostro vero essere.
Heidegger può aver abbozzato con la sua opera il nostro modo di essere, può
averci condotto ad un primo approdo del nostro viaggio. Altri filosofi quali
Kierkegaard, possono averci suggerito quali possono essere i diversi approdi
più o meno definitivi[5].
Tuttavia come ci ricorda sant’Agostino, il viaggio alla ricerca della verità
può concludersi con un naufragio in mari pericolosi oppure un approdo in porti
senza sicurezza[6]. Le
opere di Angelo Noce, che costituiscono una tappa, una sosta in questo nostro
cercare, ci mostrano un mondo al quale non apparteniamo più, ma che ci
appartiene, in quanto siamo inseriti nel cammino dell’umanità. La storia che ci
viene narrata è costellata e guidata dalla meraviglia,
quella stessa meraviglia che ha guidato i primi filosofi nella ricerca della
conoscenza. Posti di fronte ad una natura che con la sua bellezza (soprattutto
nel suo cielo stellato) appariva così misteriosa, i primi pensatori si
interrogavano circa le grandi questioni: da dove veniamo? Come è nato il mondo?
E soprattutto chi sono io? Già
Aristotele nella sua opera Metafisica
ricordava che “chi è nell’incertezza e
nella meraviglia pensa di essere nell’ignoranza, perciò anche chi ha propensione
per il mito è in un certo qual modo, filosofo, giacché il mito è un insieme di
cose meravigliose; e quindi, se è vero che gli uomini si diedero a filosofare
con lo scopo di sfuggire all’ignoranza, è evidente che essi perseguivano la
scienza col puro scopo di sapere e non per qualche bisogno pratico[7].
La meraviglia si poneva (e si pone anche oggi) come motore, come guida alla
nostra ricerca. Quella figura femminile che nei quadri di Noce celava il
proprio volto, assume le sembianze della meraviglia. E che cos’è la meraviglia
se non la nostra sete di verità? Che cos’è la meraviglia se non il nostro
cercare l’essere stesso delle cose ed in fine il nostro stesso essere nel
tempo?
La
nostra esistenza dalla giovinezza alla vecchiaia è un viaggio. Un viaggio che
partendo dal passato dell’umanità si protende al futuro di ogni singolo uomo.
Durante questo viaggio abbiamo la possibilità di definire il nostro stesso
essere, di andare oltre la definizione di esserci
nel tempo, scoprendo come possiamo vivere in modo autentico. Ma già il
viaggiare e lo scoprire, sostando magari anche nella contemplazione di opere
d’arte, come quelle di Angelo Noce, che ci permettono di sondare il nostro
essere, è già un vivere autenticamente. La nostra speranza dovrebbe essere allora quella che il nostro viaggio possa
concludersi con le parole del poeta: la
nave ha superato ogni tempesta, l’ambito premio è vinto, il porto è vicino, odo
le campane, il popolo esultante[8].
[1] M.
Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi
(ed. ITA).
[2] Si veda Ivi, “Parte Seconda”.
[3] Il respiro della materia. I colori
dell’anima., Crema, Aprile 2014
[4] Lo
spettacolo, una recitazioni di alcuni brani appartenenti alla letteratura di
diverse epoche, avente come soggetto “il viaggio”, si è svolta il 5 aprile 2014
nel padiglione della mostra, con l’accompagnamento strumentale dell’arpa
celtica (Eleonora Ornaghi) e delle percussioni (Cristiano Vailati).
[5]
Kierkegaard nella sua filosofia ci presenta tre stadi dell’esistenza umana: la
vita estetica, la vita etica e la vita religiosa.
[6] Si veda
Agostino, De beata vita, Prologo
[7]
Aristotele, Metafisica, I, 2, 982 b
17-21.
[8] W.
Whitman, O Capitano! Mio Capitano!
Commenti
Posta un commento