CHIAMATI (SEMPLICEMENTE) AD AMARE
Pasqua 2015

Colui che non ha conosciuto peccato, Egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in Lui” (2Cor 5:21)

Dio è soprattutto Dio sulla croce e soprattutto uomo nella risurrezione” (Karl Barth)

Partiamo con una domanda provocatoria: che cos’è la Pasqua? Ammetto che qualcuno potrebbe ritenere che più che provocatoria questa domanda è banale. Del resto chi non conosce nel nostro mondo Occidentale il significato della Pasqua? Eppure se dovessimo fare un’indagine, oppure se semplicemente ci soffermassimo a riflettere sul tema della Pasqua, apparirebbe immediatamente evidente che diverse sarebbe le risposte che sorgerebbero. Per alcuni Pasqua è un giorno di festa e riposo come altri, vuoto nel significato ma un’ottima occasione per pranzare e passare un po’ di tempo con i propri cari. Per altri ancora (soprattutto i bambini, ma non solo) l’occasione per aprire le uova di cioccolato. Per i credenti il giorno in cui Gesù Cristo è risorto. Tralasciando il fatto che l’immaginario contemporaneo, alimentato dall’enorme produzione della letteratura horror, ha trasformato talvolta Gesù in uno zombie, vorrei ora soffermarmi su quale possa essere il vero significato di questa risurrezione. Tenterò dunque di mostrare come la Pasqua rappresenta, per  credenti e non, un nuovo inizio.
Punto di partenza sono le citazioni, tratte da Paolo Apostolo e dal teologo riformato Karl Barth, che ho posto all’inizio di questa mia riflessione. Il versetto tratto dalla seconda lettera ai Corinzi può apparire fuori sintonia rispetto all’evento che vogliamo cogliere nel suo più pieno significato. Infatti il versetto 21 del quinto capitolo della seconda lettera ai Corinzi, sembra ad una prima lettura più indicato a commentare, a descrivere ciò che nel Venerdì Santo è avvenuto. Gesù Cristo, l’amato del Padre (Mc 1:11; 9:2-8), è stato donato a noi Dio (Gv 3:16) affinché diventasse la vittima sacrificale, l’agnello pasquale in espiazione dei nostri peccati. È entro la logica veterotestamentaria del sacrificio gradito a Dio che noi possiamo comprendere 2Cor 5:21. Il Venerdì Santo, il sacrificio della croce, si presenta come il dono totale e volontario di Gesù, agnello senza colpa (“non ha conosciuto peccato”), come vittima sacrificale (“divenne peccato”[1]) per l’espiazione delle nostre colpe, dei nostri errori. È a partire dal Venerdì Santo, da quel supremo atto d’Amore verso l’umanità intera (da Adamo a noi e oltre noi), che possiamo incominciare a comprendere l’autentico significato della Pasqua.
Il teologo riformato Karl Barth, dal canto suo, ci presenta in un semplice aforisma chi è Gesù Cristo: è Dio nell’atto d’amore della croce e uomo nella gloria della risurrezione. Ma come? Noi che siamo stati abituati a considerare il Cristo sofferente della croce, come il servo di YHWH, l’uomo dei dolori (Is 53), e il Risorto come la gloria di Dio, dobbiamo ora “rivoluzionare” il nostro punto di vista? Proviamo per un istante a leggere la frase di Karl Barth nell’interpretazione di un altro teologo riformato, Hans U. Von Balthasar: “sulla Croce si può vedere che cosa sia il peccato, e nella Pasqua che cosa possa fare la grazia. (…) E soltanto in funzione di questo evento  (…) si comprende nel suo vertice anche ciò che vien detto grazia: grazia che nella forma dell’ira arde d’amore, e nella notte, nella Croce e nella morte del peccato distrugge il peccato nell’abisso dell’amore di Dio. (…) Divenendo peccato [Cristo] non ha smesso di essere il Giusto, noi divenendo giusti abbiamo cessato in un senso vero di essere peccato[2]”. Con la Pasqua noi partecipiamo della grazia di Dio, del suo Amore. In questa piena e reale partecipazione dell’uomo alla vita di Cristo risorto, di quel Dio che è uomo nella Pasqua (richiamandoci a Karl Barth), noi diveniamo capaci di cambiare il nostro esistere, il nostro mondo, il nostro quotidiano. Divenendo giustizia di Dio e sorretti dalla grazia che dalla morte e risurrezione di Dio scaturisce, noi siamo chiamati ad essere non solo testimoni ma “operatori” dell’Amore di Dio. Dobbiamo essere amore disinteressato ed autentico per tutti coloro che incontriamo nel nostro quotidiano cammino. Solamente amando riusciamo a cambiare noi, il nostro cammino e in ultimo il mondo. La Pasqua non costituisce “solamente” la sconfitta della morte e del peccato, ma l’alba di un nuovo mondo che è mosso nel suo peregrinare dal Dio che è Amore (1Gv 4:8).
Il quadro di Chagall, Crocifissione gialla, rappresenta, nella sua simbologia, come tutta l’umanità sofferente (dall’errante, alle persone malate ed emarginate perché semplicemente diverse) è nel Cristo crocefisso rappresentata. Traspare al contempo come la fine non sia in quell’istante, non sia sul Golgota, ma l’Amore che costituisce il passaggio successivo, rivela il nuovo inizio. Non si può dunque pensare alla Pasqua se non partendo dall’evento della Croce, da quel gesto di semplice amore che ci invita ad essere noi stessi giustizia, grazia e amore di Dio nel mondo. Siano dunque chiamati, poiché Dio p uomo nella risurrezione, ad essere (semplicemente) amore.



 
Chagall, Crocifissione gialla.



[1] La traduzione della vulgata non rende a pieno il significato del termine greco impiegato.
[2] Hans Urs von Balthasar, La teologia di Karl Barth, Jaka Book, p. 401.

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