ATTESA DELL’UMANITÀ

 

Puntuale come sempre, anche quest’anno è giunto il mese di dicembre che con le sue lunghe notti e i suoi giorni che corrono veloci con la frenesia della ricerca dei regali, chiude proponendoci il bilancio dell’anno che sta terminando. La nostra attenzione è rapita, come in un vortice che non trova fine, dalla ricerca sfrenata del regalo perfetto, il quale, coniugandosi con la crisi economica che sembra non trovare tramonto, sappia portare gioia, stupore ed amore a chi lo riceverà.           
In questa folle corsa ci si perde tra negozi, mercatini e supermercati che, come sirene di omeriana memoria, attirano la nostra attenzione. Si è trascinati dalla folla, o meglio dalla massa umana che si muove per le vie delle città. Basta fare un giro a Milano, tra piazza Duomo e Corso Vittorio Emanuele, per essere rapiti, anche se non lo vogliamo, da questo fiume di uomini e di donne che camminano con sacchetti in mano. Il tutto si svolge con uno sfondo di luci colorate che concorrono a creare il clima perfetto. Eppure ci sono anche altre luci, meno vive si potrebbe sostenere, ma che costituiscono anch’esse il tempo dell’attesa, il tempo del natale. Queste luci sono quelle che provengono dalle vetrate delle chiese, dalle candele accese per illuminare quella notte che attende la Luce. Presi dal vortice delle spese difficilmente ci si accorge che le nostre chiese, ad esempio il Duomo di Milano, in queste lunghe sere si illuminano e si rivestono di una luce tutta particolare. Passando tra i banchetti del mercatino allestito in piazza Duomo a Milano, si può restate meravigliati dalla luce che illumina le vetrate del Duomo. Più misteriose degli addobbi della Rinascente, la fioca luce che fuoriesce dalle vetrate illumina una storia, quella rappresentata  dai vetri cattedrale, tanto antica quanto moderna. La storia che viene illuminata è quella che diede e dovrebbe dare ancora senso a questa lunga notte. I ventiquattro giorni che precedono il Natale, infatti costituiscono l’attesa, attesa del Dio che si fa uomo. Quell’Emanuele che volle condividere la nostra stessa umanità, portando la Luce nel mondo, aprì le strade per una nuova umanità.                     
Nel clima contemporaneo sembra che vivere il tempo dell’avvento come dell’attesa di una nuova umanità, sia un fatto che riguardi unicamente il credente. Tuttavia il messaggio che venne portato agli “uomini di buona volontà” (Lc 2,14), per sua stessa natura si presentava come universale, aperto a chiunque volesse cambiare il mondo in cui viviamo, a chiunque volesse aprirsi verso una nuova umanità. Nel clima di incertezza e di disagio che stiamo vivendo, l’attuarsi di una nuova umanità, il ritorno ad una attenzione della sfera umana che prescinda dal mero consumismo, si rende necessaria come via per il superamento del disagio umano. Tale disagio che trova come sua più piena manifestazione il prevaricare del più forte sul più debole, con un completo disinteresse rispetto alle necessità di chi soffre e spera, può unicamente essere superato solo se ancora una volta ci si fa attenti all’uomo, attuando al contempo un nuovo umanesimo. Sono consapevole del fatto che il discorso e la soluzione che propongo possono essere considerati di parte, settoriali, perché vedono il risvegliarsi della coscienza dell’uomo alla luce ed ascolto di quella “Parola che si fa carne” (Gv 1,1-18). Al contempo ritengo però che il messaggio contenuto nella Scrittura è rivolto a chiunque voglia realmente porsi in un cammino di rinnovamento e cambiamento. L’Amore incarnato che siamo chiamati a contemplare nella fioca luce della notte di Natale, si traduce in un’attuazione del medesimo amore che sottostà (o dovrebbe) ad ogni azione umana. Più dei regali costosi o all’ultima moda, è l’incontro con le persone care, siano parenti o amici, che può costituire un primo segno di cambiamento. Il ritrovarsi, il farsi attenti dei bisogni di chi ci sta vicino e soprattutto il condividerli cercando di aiutarli a superarli, è alla base della vera luce che illumina le nostro giornate di fine anno e non solo. Tale atteggiamento che non brilla certamente come l’aiutare un popolo lontano da noi, costituisce al tempo stesso una necessità ed un primo passo verso un nuovo umanesimo. Le deboli luci delle chiese ci mostrano che pur nella loro debolezza esse resistono più di quelle elettriche dei centri commerciali: il calore che le prime emanano riscalda l’animo umano molto più che i giochi (quasi da discoteca) delle vetrine e balconate. In questo fiume umano che si snoda inconsapevole nelle nostre città tra vetrine e mercatini, sarebbe bello e salutare nel recupero di una vita autentica che superi la mondanità e gli “idola”, fermarsi nel semplice incontro col prossimo, così da iniziare una nuova rivoluzioni che porti ad un rinnovato umanesimo d’amore.

Commenti

  1. Bella riflessione. Ci induce a riconsiderare l'effettivo e genuino significato che ognuno di noi, nel profondo, attribuisce a una festività tanto importante. Nella maggior parte dei casi ci si accorge, senza neanche troppa sorpresa, che spesso siamo più attenti ad una celebrazione del Natale in un modo del tutto despiritualizzato, vittime (o rei) di un consumismo ormai viscerale nella nostra società.

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