"Le mie compassioni si accendono" - Misericordia, Pasqua 2016




Il libro del profeta Osea è tra i libri più interessanti e allo stesso tempo difficili dell’Antico Testamento. Come sottolinea il bibblista Gianfranco Ravasi, nel commento al libro per le edizioni Qiqajon, anche gli studiosi si accostano con un certo timore per le difficoltà linguistiche che il testo presenta. Eppure questo piccolo libro, composto solo da quattordici capitoli, rappresenta nel suo insieme l’intera vicenda umana, non solo quella dell’umanità in generale, ma quella di ogni singola persona, per rivelare infine qual’è l’agire di Dio. Può forse apparire bizzarro scegliere come versetto per la Pasqua proprio un passo del libro di Osea, ma esso rappresenta a mio avviso l’aprirsi di Dio all’umanità così come è avvenuto in quei giorni, in quelle ore dell’anno 33, che cambiarono il mondo e l’esistenza di ognuno di noi. “Il mio cuore si commuove dentro di me - letteralmente, si rivolta contro di me, afferma Dio - tutte le mie compassioni si accendono” (Osea 11:8). È questo il cuore del messaggio del libro di Osea: l’amore di Dio verso la sua sposa, verso ognuno di noi è talmente grande che il proprio cuore si rivolta contro la ragione, contra la giusta collera divina. Nonostante l’infedeltà e la prostituzione del suo popolo, Dio non smette di amarlo e cercarlo. Gesù sulla croce, posto dinnanzi all’odio e alla derisione dei suoi carnefici, anziché invocare la collera divina del Padre, prega affinché sia perdonata la loro colpa, poiché “non sanno quello che fanno” (Lc 23:34). Questo amore così grande che va oltre ogni logica umana, coincide, come sottolineava il teologo riformato Karl Barth, con la libertà di Dio[1]. È un amore che sconvolge rompendo ogni logica e ogni previsione umana. L’amore divino che si rende visibile attraverso la sua misericordia sconvolge ogni nostra certezza. Pensiamo all’episodio della donna adultera, raccontato nel capitolo ottavo del vangelo di Giovanni: la condanna della peccatrice era già scritta, vi era una facile sentenza che aspettava solamente di essere sottoscritta. Eppure l’amore di Dio, la sua compassione, la sua misericordia, cambiano il finale: quello che doveva essere un triste tramonto per la donna senza nome (poiché ognuno possa identificarsi con lei), diventa l’alba radiosa di una nuova esistenza. Le compassioni che hanno animato il cuore di Dio, rivoltandolo contro di Lui, penetrano nel nostro cuore e ci aprono gli occhi. Non siamo più gli uomini e le donne che eravamo prima, ma nuove creature. Il silenzio, che intercorre tra la donna e Gesù, è elemento essenziale e primario di questo incontro: come per la donna adultera, anche Dio si china verso il nostro cuore e lo ascolta silenziosamente senza parlare. Allo stesso modo anche noi dobbiamo cercare di ascoltare l’agire di Dio nel silenzio del nostro cuore e della nostra mente. La società contemporanea, così tristemente attratta dal rumore, dal caos di suoni, dalla chiacchiera, sembra guardare con sospetto e con una certa inquietudine al silenzio. Tuttavia è proprio quell’assenza di suoni e parole che costituisce l’ingresso, la premessa all’azione divina. È dal silenzio del sabato santo, un sabato senza canti e carico di tristezza per la morte di Gesù, che l’alba del mattino di Pasqua si riempie di grida di gioia. Quale gioia ci fa gridare così forte? La scoperta di questo amore misericordioso di Dio, di questa sua grande libertà, come direbbe Barth, di amarci semplicemente perché siamo noi stessi. La gioia della scoperta che Dio ci accoglie così come siamo, caricandosi dei nostri errori e delle nostre mancanze. La gioia di comprendere che una volta trasformati dall’amore di Dio, diventiamo capaci anche noi di trasformare il mondo con la compassione e la misericordia. L’augurio è quello di poter sentire questa tensione d’amore che partendo da Dio ci trasforma e ci invita a trasformare il nostro quotidiano. 

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[1] “La suprema libertà di Dio è in Gesù Cristo la sua libertà di amare”, in K. Barth, L’umanità di Dio, Claudiana, p. 99.



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