APRIRE LE PROPRIE BRACCIA COME QUELLE DI CRISTO
Chiesa, amore e nuove famiglie
Di
recente, come ormai ben tutti sanno, si è svolto il Sinodo Straordinario della
Chiesa Cattolica Romana. Tema del Sinodo erano le nuove sfide che la Chiesa
dovrà affrontare nei prossimi anni in relazione ad una istituzione, quella
della famiglia per l’appunto, che è in continuo mutamento.
È
sotto gli occhi di tutti che il modello famigliare stile “mulino bianco” non
funziona più e molto probabilmente non ha mai funzionato. In brevissimo tempo
si è passati da una famiglia allargata (quella dei nostri nonni) che comprendeva
nonni, zii, cugini, etc., ad una famiglia più ristretta (quella dei nostri
genitori) costituita dai soli genitori e figli, per giungere in ultima istanza
da un lato ad una nuova famiglia allargata formata da divorziati risposati e
relativi figli e dall’altra parte nuovi nuclei famigliari costituiti da persone
dello stesso sesso. La Chiesa Cattolica dal canto suo ha sempre ripetuto, di
fronte a questi mutamenti sociologici, che la famiglia (tradizionale) è
costituita da un padre ed una madre che generano vita. Dinnanzi a questa
definizione la risposta ai diversi casi che si presentavano, quali per
l’appunto divorziati e coppie dello stesso sesso, era che esse non costituivano
famiglia e dunque non potevano partecipare pienamente alla comunione della
Chiesa. Va altresì sottolineato, comunque, che un’apertura se pur minima era
stata offerta a queste persone, come una generica “cura ed attenzione
pastorale”. Il Sinodo, nonostante quello che molti organi di stampa hanno
riferito, doveva definire nel concreto che cosa consisteva questa “cura
pastorale” e soprattutto mostrare attenzione (e non solo chiusura) a temi
“scottanti” ma allo stesso tempo attuali. In queste brevi settimane la carta
stampata e i diversi organi di informazione di internet sono stati sommersi
dalle più disperate analisi, e dal canto mio voglio offrire un semplice spunto
di riflessione che parta dal testo evangelico e soprattutto da una immagine
forte: le braccia di Cristo.
Che
cosa c’entrano le braccia di Cristo con il tema della famiglia del nuovo
millennio? L’evangelista Luca nel raccontare la crocifissione, riporta che Gesù
ad un certo punto disse “Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno”
(Lc23:34). Le parole di Cristo, appeso sulla croce, appaiono a chiunque come un
gesto folle se viene letto semplicemente con l’atto di perdono da parte di
un’innocente nei riguardi dei propri carnefici. Eppure esso si pone come
l’estremo e più alto insegnamento/esempio di amore: Gesù apre le proprie
braccia e il proprio amore misericordioso anche a coloro che lo uccidono. Molti
sarebbero tentati, almeno in cuor loro, di affermare che Cristo è l’unico
capace di tale gesto. Eppure l’insegnamento di Gesù si basa su semplici gesti,
atti e pensieri d’amore che tutti possiamo applicare. Prescindendo dal tema
della morte e del perdono, che non rientrano in questa riflessione, il tema
dell’amore si applica per natura al tema della famiglia. La famiglia, di
qualunque genere essa sia, nasce dall’amore, dal quell’accogliere l’altro/a
come proprio compagno di vita. La stessa formula nuziale (riadattata) recita
che noi “accogliamo l’altro/a come nostro legittimo sposo/a”. Tale accoglienza
può essere vera solamente se si è propensi ad aprire le proprie braccia come
quelle di Cristo. Allo stesso modo la società e soprattutto la Chiesa deve
aprire le proprie braccia per accogliere gli sposi. Nella liturgia nuziale
ortodossa, il sacerdote celebrante simboleggia tale accoglienza accompagnando
gli sposi nei loro primi passi da coniugi. Più semplicemente nella Chiesa
Cattolica, il sacerdote scambia il segno di pace con gli sposi. Tuttavia
l’abbraccio di Cristo non può e non deve
fermarsi al giorno delle nozze. Esso deve estendersi a tutta l’esistenza umana,
ad ogni istante della vita della nuova famiglia. Come nelle gioie ancor di più
nei dolori la Chiesa deve far sentire l’abbraccio di Cristo. Essendo Sposa di
Cristo, essa deve, come una madre, accogliere tutti i suoi figli. Anche le
famiglie di nuova generazione, divorziati, divorziati risposati, coppie dello
stesso sesso, devono sentirsi accolti, abbracciati dalla Chiesa e non accusati
di peccato. Ambrogio di Milano, parlando dell’amore di Cristo, affermava che
“Il Signore Gesù ha sofferto con noi, per chiamarci a sé, non per allontanarci.
È venuto nella mitezza e nell’umiltà e ha detto: ‘Venite voi tutti che siete
affaticati ed oppressi e io vi ristorerò’ (Mt 11:28). Quindi il Signore Gesù
ristora, non esclude né allontana e ha giustamente scelto dei discepoli che,
secondo la sua volontà, raccogliessero il popolo di Dio, non che lo
scacciassero”. Questo è il reale compito della Chiesa: accogliere ogni figlio di Dio nell’abbraccio amorevole di Cristo.
Per far questo è necessario che ogni membro della Chiesa apra le proprie
braccia come quelle di Cristo. È un cammino difficile, ma non impossibile. Le Chiese
Anglicane (ed in particolare quella Episcopale - USA[1])
ed Evangeliche[2], hanno
compreso che il comandamento di amare il nostro prossimo come noi stessi (Mt.
22:39) è aprire le braccia come Cristo per accogliere e non allontanare.
L’accoglienza passa anche attraverso la comunione ai divorziati: infatti
l’Eucarestia rappresenta in se l’atto d’amore di Cristo quale sacrificio di
espiazione per i nostri peccati. Negandola è arrogarsi di diritto di amministrare
l’amore di Dio, di decidere chi ne è degno e chi no.
Il
Sinodo si è concluso[3]
con la riaffermazione delle tesi e posizioni precedenti. Molti hanno affermato
che è sintomatico di una Chiesa divisa o che non vuole cambiare. Il Cardinal
Ruini sul Corriere della Sera ha affermato che la storia darà ragione ai padri
sinodali. Prescindendo da ciò che è stato detto durante il Sinodo e a commento
di esso, ciò che realmente conta è quello che ognuno di noi può fare: aprire le
braccia come quelle di Cristo perché solamente così si “amerà il Signore Dio nostro
con tutto il cuore, mente e anima, e si amerà il nostro prossimo come noi
stessi” (Mt22:34-40).
[2] A titolo
di esempio si veda i documenti sinodali della Chiesa Valdese: http://www.chiesavaldese.org/pages/archivi/mat_discrim.php
[3] Il documento
di sintesi si può trovare al seguente indirizzo: http://www.vatican.va/roman_curia/synod/index_it.htm
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